credevo di essermi guadagnata l'immunità.
invece pare proprio che abbia inoculato una malattia più subdola, ancora senza cura, di sicuro degenerativa, con cui dovrò convivere.
tre anni fa mi hai infettato l'anima.
non vedevo l'ora, sembrava una di quei virus che ti rende immortale, invincibile, indistruttibile. di immortale sei rimasto tu invece, e la distruzione che mi hai dedicato.
ogni volta che razionalmente penso di averti debellato torni nei miei sogni. è successo una settimana fa, e succederà ancora se non riuscirò a rassegnarmi all'incapacità di trascenderti.
provo quotidianamente ad andare oltre, ho capito che la mia esistenza non è definita dalla tua presenza, dalla tua assenza o dalle macerie che ci siamo dedicati a vicenda. eppure nonostante tutto so che nulla come ciò che avevamo potrà mai essere. mai più.
ciclicamente so che dovrò sbattere addosso a tutto quello che non ci siamo mai detti, ma che tutti sapevano, con quello che ho sempre sospettato e di cui mai ho avuto conferma diretta, con quello che ci siamo negati per vigliaccheria e timore.
eravamo più grandi di noi, hai deciso di ridimensionarci prima di farci schiacciare, mi hai costretta a scoprire che il risultato poteva essere solo il contrario.
schiacciati e appiattiti, svuotati e malconci. rincorriamo vite che non ci appartengono, idolatrando la falsa convinzione che sia la strada giusta, la scelta giusta, la vita giusta.
uniformati alle circostanze, troppo deboli per tirare fuori le parole mai dette, mi hai reso vigliacca quanto te, ma sono stanca di frantumarmi addosso al tuo muro.
di me ti rimarranno sempre le mie lacrime migliori.